VIA DELLA CASTELLINA
SULLE ORIGINI DI SANSEPOLCRO
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Via della Castellina si apre a fianco al Palazzo Aggiunti in Via Matteotti, e inizia con un’arcata tra due torri medievali, ormai prive della loro solennità, sotto la quale una iscrizione – quasi ignorata – recita così:
HAC.PRIMA.VIA.
VULGO.CASTELLINA
TURRITAE.
GHERARDORUM.
AEDES
INDEQ.PICHIORUM.
ILLIS.OPPOSITAE.
EXSTRUCTAE.A.R.S.
CMXXXVII
In questa prima strada chiamata dalla gente Castellina furono costruite le case dei Gherardi e quindi di fronte a quelle le case dei Pichi. Anno della recuperata salvezza 937.
Preziosa notizia per l’origine della città. Ci viene detto che la Castellina era la prima via, o anche principale, e che le gentes dei Gherardi e dei Pichi costruirono nel 937 le loro case, praticamente fondando un nuovo abitato. Immediata l’associazione con il mito di fondazione del centro demico di Sansepolcro nella zona di Noceati: un albero di noci quello su cui volarono le reliquie, un albero di noci quello che compare nel Battesimo di Cristo di Piero della Francesca, quasi una pianta identitaria. La storia narra della venuta dei pellegrini Arcano ed Egidio, qua giunti con le reliquie del Santo Sepolcro sul culto delle quali ha preso l’avvio la storia del Borgo. Plausibile del resto: una strada segue da Roma il corso del Tevere e giunge ad un “nodo viario” – com’è del resto nella natura di Sansepolcro. Per essere tale, l’abitato non può non avere un ospizio per pellegrini e un luogo di culto, che potrebbe essere l’Oratorio detto di San Leonardo o anche dei Quattro Santi Evangelisti, presente un eremita. La chiesa sarebbe sorta in seguito alla traslazione delle reliquie del Santo Sepolcro da cui l’abitato prese il nome. Queste, polo aggregante, richiamarono la presenza di famiglie, diciamo nobilari, che lasciarono le loro case convergendo nel luogo santo, mettendosi, si può anche pensare, sotto la protezione dell’abbazia. Tra queste, secondo gli storici locali, vennero i Gherardi, signori di Rocca Cignata e Casalino, i Bofolci, padroni di Monte Casale, i Tarlati, proprietari della forte piazza di Pietramala da loro edificata e altri… Non si nominano i Pichi ma è noto che questa gens è un’antica e nobile famiglia, proprietaria del forte castello d’Afra.
Siamo nel 937, la data citata per l’origine del Borgo S. Sepolcro dal Bercordati, dall’autore dell’Historia Burgi dal Commentariolus historicus de origine et progressu civitatis B.S.S. auctore anonimo ad Nicolaum quintum Ponteficem. Ora confermata dall’iscrizione. Anche lo storico Lorenzo Coleschi narra le vicende di Sansepolcro dal 937, che appare dunque la più probabile tra le date proposte. Da aggiungere che fu nel 937 – si dice – che Arcano consegnò all’abate Isaia le reliquie che furono poste nel Monacato.
Fig. 1 – Via della Castellina Fig. 2 – Ingresso in Via della Castellina
L’iscrizione in questione pone però altre domande. La Via della Castellina, che nel nome ricorda una fortificazione, posta proprio difronte alla Cattedrale, sembra continuare nella strada coperta che costeggia il chiostro dove si trova la fonte dei pellegrini. Da ricordare che Leone X, elevando Sansepolcro diocesi nel 1515, la definì “terapeutica” consacrando definitivamente il mito di fondazione, pur con qualche variante. Farebbe pensare alla via principale di un castrum, luogo munito di recinti, o accampamento. Ne è testimonianza la struttura della città, studiata dal Benini sul confronto con un accampamento romano. Il luogo dove deporre le reliquie fu probailmente costruito all’incrocio tra la Via Praetoria e la Via Principalis, nel centro della città.
Gli anghiaresi preferiscono pensare di aver costruito nella pianura una stalla per cavalli che magari poteva anche chiamarsi Biturgia. Di questa presunta presenza di Biturgia, superata e liquidata nel tempo, è rimasto soltanto l’appellativo di Biturgensi. Peraltro sostituito nel corso degli anni col termine “borghesi, equivoca denominazione desunta dal termine Borgo. Che di per sé significa “fortezza” o “castello”, comunque un centro fortificato e difeso. Pare che il termine esistesse prima dei pellegrini e fosse riservato ad un’antica rocca; tali “vetusti avanzi” sarebbero compresi nel torrione o mastio della nostra Fortezza, ma non si può affatto stabilire chi li abbia edificati e quando. In seguito il termine “borgo” fu riservato a luoghi che disponevano anche di un mercato, che Sansepolcro ha avuto nel 1038. Da qui la tesi che il centro potesse essere nato come conseguenza e per bisogno dell’insediamento monastico.
Rimane il dato dell’iscrizione della Castellina come testimonianza della probabile origine romana, che potrebbe spiegare la presenza della stele di Quinti Volcacio, giovane soldato morto a 25 anni, conservata nel Museo cittadino. Dall’iscrizione funebre hanno colpito la precisione e l’eleganza delle lettere, da far pensare ad una officina organizzata e accurata che può trovarsi solo in un centro evoluto. Giovanni Cecconi, nei suoi studi sulla centuriazione della Valtiberina, lo considera un “vicus” (aggregato di case e terreni appartenenti ad un pagus, circoscrizione territoriale in cui erano presenti più vici) e tale, pare, rimase fino agli inizi del sec. XII. Il “vico” può anche richiamare il soprastante monte chiamato Monte Vichi, non abitato tanto da rustici contadini quanto da signori. Tutte queste ipotesi non costituiscono l’identità del luogo e dei suoi abitanti, che invece si fonda sulle reliquie dei pellegrini, mito o realtà che fosse, e sulle famiglie che lo abitarono, ancora – può darsi – ricordate dalle più antiche denominazioni delle strade che sarebbero di per sè oggetto di studio: Gherardi e Pichi, ma anche Bofolci, Taurini, Catani, Cittadini ecc. che fecero vivere la città e ne iniziarono la storia; le genti che nel 1188 costruirono la torre di piazza, la Torre di Berta, simbolo di Sansepolcro, distrutta dalla guerra.
Fig. 3 – Stele di Quinto Volcacio, Museo Civico, Sansepolcro
STUDIO di GIULIANA MAGGINI.