VIA GIACOMO MATTEOTTI

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Via Giacomo Matteotti

Siamo nel cuore della città medievale/rinascimentale di Sansepolcro: qui affacciano le emergenze principali della città, la Cattedrale, ex abbazia, e il Palazzo di Residenza, l’antico comune, oggi Museo Civico con accesso da Via degli Aggiunti.

Per apprezzare appieno la bellezza urbanistica di questo slargo bisogna mettersi nella zona sotto l’attuale orologio civico di piazza e guardare in direzione dell’Arco della Pesa: ecco subito alla nostra sinistra il Palazzo Pichi-Sermolli e poi le torri medievali trecentesche. Ben tre a documentare – anche se oggi tagliate per motivi di sicurezza – la potenza e la forza dei proprietari: la prima è dei Pichi, la seconda dei Gherardi e la terza del Palazzo di Residenza, cioè il Comune, il Castello civico vista la configurazione fortificata, a scarpa, di tutto il fronte su Via della Firenzuola. Poi, di fronte, quel che resta dell’arcone dell’Arco della Pesa, sotto il quale, sulla dstra, sono ancora murati i resti, in barre di ferro, delle misure lineari di Sansepolcro, il braccio e il palmo. Mentre il braccio della stadera comunale, per le misure di peso, è ancora visibile sulla facciata del Palazzo Pretorio, il palazzo sul quale si innesta lo spiovente destro dell’Arco della Pesa. 

Arco della Pesa

Fig. 1 – Arco della Pesa

La parte alta di Via Matteotti, si confonde con il lato corto, presso la scalinata della Residenza, dell’attuale Piazza Garibaldi, già dell’Arengo. In questa piazza, infatti, si convocava l’assemblea dei capifamiglia quando il priore aveva bisogno di consultarsi con il popolo; e in questa piazza – ecco il perché delle misure ufficiali murate tutte in questa area – si facevano i mercati. I luoghi del potere e del commercio concentrati nella stessa situazione urbanistica. Il luogo dell’autorità religiosa, invece, alla nostra destra, sempre guardando dalla zona dell’orologio verso l’Arco, è l’antica Abbazia, oggi Concattedrale della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, che si trova sul fronte opposto rispetto a quello del comune e leggermente sfalzato verso l’attuale Piazza Torre di Berta. 

E’ bene muoversi, prima di entare nella cattedrale, per rendersi conto della situazione. Palazzo Pichi-Sermolli con evidenti rimanenze medievali al piano terreno dove si aprono grandi archi a pieno centro e una limpida e graziosa fuga di finestroni ad arco centinato, sia su largo Matteotti che su via XX Settembre. Poi la torre Pichi – Via della Castellina – e la torre Gherardi. Palazzo Gherardi, altro palazzo gentilizio dove sono più evidenti le origini medievali sulle quali in età rinascimentale sono stati riammodernate le aperture e le grandi finestre per adeguarle ai nuovi tempi. Quindi Palazzo Aggiunti, bel palazzetto del XVIII secolo, dalle aperture e finestrature barocche e ben modellate, con simmetria perfetta e gusto geometrice evidente; il progetto edilizio è chiaro: piano terra per gli ammassi, le rimesse, i fondi, piano nobile per la famiglia gentilizia e piano della servitù in alto. 

Palazzo Pichi-Sermolli e Torre Pichi, Torre Gherardi

Fig. 2 – Palazzo Pichi-Sermolli e Torre Pichi, Torre Gherardi

Fig. 3 – Stemma dei Pichi                                                     Fig. 4 – Stemma dei Gherardi

Sono molti i palazzi di Sansepolcro scanditi secondo questa logica abitativa, circa un centinaio, lungo le strade del centro storico, ma Palazzo Aggiunti ha una particolarità piuttosto rara: il terrazzino che arreda e rifinisce il severo bugnato, terrazzino che si apre su una grande finestra a frontone triangolare spezzato per allocare uno stemma Medici. E’ una rarità: se ne vedono nel centro monumentale solo un altro paio. Questo perché Sansepolcro insiste in un’area notoriamente sismica e le terrazze sono strutture pericolose. Alle terrazze si preferiscono gli archi trasversi di sostegno, fra palazzo e palazzo, per consolidare la resistenze dei palazzi al pericolo sismico. Soprattutto nella zona di Porta Romana questi archi sono numerosissimi.

Palazzo di Residenza

Fig. 5 – Palazzo di Residenza, la residenza dei Signori XXIV, ora Museo Civico

Il Palazzo di Residenza, la residenza dei Signori XXIV, i priori del comune medievale. Fronti molto sobrie e spoglie: finestre modeste sul lato di Via Firenzuola, parete a scarpa segno di un palazzo-castello. Facciata più movimentata e importante su Piazza Garibaldi o dell’Arengo. E’ su questo lato che è intervenuto anche Piero della Francesca come ‘maestro delle muraglie’, quando i priori misero mano ad un rimaneggiamento della residenza. La facciata si apre alla città. Di fronte alla piazza rettangolare dell’assemblea da questa porta il priore si rivolge al popolo. Ma per gestire una pubblica riunione ci vuole un podio per l’oratore di turno. Ecco perché, allora, davanti alla porta di apre un ballatorio che è servito, a sua volta, da una gradinata di accesso alla piazza. Così era al tempo del primo rinascimento; oggi, con lavori posteriori, e puntando sulla simmetria, le gradinate sono due, una per lato. A inizio 500 in realtà era un vero e proprio podio aperto solo sul lato dell’Arco della Pesa.

Oggi Museo Civico, il Palazzo di Residenza vanta un’importante collezione di opere manieristiche (seconda metà del 500) e, soprattutto, due capolavori di Piero della Francesca: la Resurrezione di Cristo, affresco universalemente noto – che è diventato il nuovo stemma della città di Sansepolcro (nel medioevo lo stemma era un’urna chiusa su fondo nero e bianco) – e il polittico della Misericordia, un notevole gruppo di tavole commissionate dalla Compagnia della Misericordia; a questi si aggiungono due opere frammentarie come il S. Giuliano e il San Ludovico da Tolosa. E il comune? 

Palazzo delle Laudi

Fig. 6 – Palazzo delle Laudi, fine XVI, architetto Alberto Alberti, ora sede del Comune. 

Si è trasferito nel XX secolo nel bellissimo Palazzo delle Laudi, il palazzo monumentale che sul lato opposto di via Matteotti poggia su una grande loggia retta da poderosi pilastri: il mercato fa girare l’economia e nella piazza dove lo si realizza c’è bisogno anche di spazi coperti, per allestirlo pure col cattivo tempo. Questa è la novità della loggia. La struttura, voluta dalla Compagnia delle Laudi della Madonna, e costruita da Alberto Alberti, parte nel 1590 ed è consegnata nel primo quarto del ‘600. Monumentalità e bellezza ne sono il marchio. L’architetto si è rifatto alle logge del Vasari di Arezzo e qui le ha rimodellate secondo l’uso e le necessità di una compagnia che raccoglieva i braccanti che si radunavano all’alba cantando le laudi della Madonna in attesa di sciamare nella campagne circostanti e iniziare il lavoro nei campi. 

Cattedrale di San Giovanni Evangelista

Fig. 7 – Cattedrale di San Giovanni Evangelista, XI-XIV secolo

Ecco; a questo punto possiamo dedicarci all’antica Abbazia, ora Concattedrale, che in origine portava il titolo di abbazia di San Giovanni Evangelista e del Santo Sepolcro. Oggi è la Concattedrale di S. Giovanni Evangelista mentre la seconda parte del titolo è passata alla città, il cui nome completo è ora Città di Borgo Sansepolcro. La Concattedrale, o Duomo, è uno scrigno di opere d’arte e di bellezza, ma prima è bene recarsi subito in fondo alla navata sinistra, davanti al Volto Santo, il tesoro della chiesa e della città.

Volto Santo

Fig. 8 – Volto Santo, XII-XIII sec. cm. 290×271, legno policromo

Siamo davanti ad un’opera eccezionale, monumentale nelle dimensioni, antichissima, rarissima, sorella di quella di Lucca. Siamo davanti ad un Cristo Re che regna dal trono della croce. E’ vestito del Colobium, la tunica regale, corta, dell’imperatore d’Oriente. La scultura lignea risale al XI secolo, forse VIII, un tempo nel quale nessun artista sapeva realizzare ‘ritratti’, un’età in cui a occidente i volti erano formali e molto approssimati, ad oriente stereotipati e fissi. Il Volto Santo di Sansepolcro è invece il bellissimo ritratto, realistico e umano, di un volto semita e somiglia incredibilmente al volto dell’Uomo della Sindone, ma è stato scolpito su un tronco di noce quando la Sindone ancora non era a Torino e non aveva la fama che ha oggi. Rtratto veritiero di Gesù? Un acheropito, certamente, che giugne a noi direttamente dal IX secolo, quando questa chiesa non era stata ancora costruita e sicuramente la città non era stata ancora fondata. Altra singolarità dell’opera. Ma torniamo al volto passando per il corpo piatto, cioè per le pieghe volutamente impersonali della tunica, che mettono ancor più in evidenza la profondità e il realismo del volto di Cristo, vivo sulla croce; così come la cromia scura, tardo-romantica, terza ridipintura dopo stesure precedenti, appare ugualmente monotona – fatti salvi la cintura e i bordi oro miniati – per risaltare ulteriormente il ritratto facciale che è più delicato e sfumato. Il focus di questo impressionante crocifisso, insomma, non è la monumentalità, ma l’eccezionale realtà del Volto. Il Volto Santo, infatti, vista la Sindone, è il ritratto del Salvatore come appare anche sul lino di Torino. La sua collocazione attuale in Duomo è l’ultima di una lunga serie della quale – a dire il vero – non si conoscono ancora con sicurezza tutti i passaggi. Ed è certo che questa cattedrale, quando il Crocifisso ha iniziato il suo percorso storico, non c’era. 

Però, anche se non sappiamo quando essa è stata fondata, sappiamo comunque che nel 1012 l’abbazia di S. Giovanni e del Santo Sepolcro era in fase di consolidamento perché ottenne dall’imperatore il diritto di mercato, cioè: in questa data l’abbazia è già una realtà così importante che intorno al suo recinto si erano già insediate popolazioni sparse e disperse nei dintornie e un Borgo si era formato. E infatti la tradizione parla di X secolo, di due pellegrini – Egidio e Arcano – di ritorno dalla Terra Santa, di uno che si ferma, fonda un oratorio qui con le reliquie e si fa quindi eremita. La sua santità attira le genti sparpagliate nelle radure dei dintorni. La storia è credibilissima; di pellegrini che si fanno eremiti e nascono poi nuove città è piena l’Europa. Due località per tutte: Neuvy-St-Sepulcre, che ha lo stesso nome della nostra città, in Francia, e Goerlitz, in Germania, che fra l’altro è stata – nel medioevo – la principale città tedesca di produzione e raccolta del guado. Come Sansepolcro. 

Storia molto antica e ricca di fascino quella di questa chiesa e della sua città. Una storia che è raccontata anche dalle tante opere d’arte che qui si sono accumulate. Partiamo dai pellegrini, per esempio. Torniamo fuori, allora, e guardiamo il bel portale ligneo di fine ‘400 – giunto quasi intatto fino a noi – che presenta alcune formelle istoriate: lo stemma del committente, l’abate Simone Graziani, santi, simboli antropomorfi e, appunto, i due pellegrini, Egidio e Arcano, uno a destra e uno a sinistra. E siamo vicini al 1500 circa, quasi cinque secoli dopo le narrazioni tradizionali, quando ormai è prossima la nascita della Diocesi di Sansepolcro, che avverrà nel 1520. Davanti a queste piccole sculture non possiamo che dire quanto la memoria della città sappia reggere all’usura del tempo.

La chiesa, dunque. La Cattedrale – ex abbazia – è una notevole chiesa a impianto basilicale, a tre navate e copertura a spioventi. L’aspetto attuale è quello che ha ricevuto con gli accrescimenti subiti nel corso dei secoli e fissati – come la vediamo oggi – nel tardo XIII secolo. E’ un romanico di transizione: l’interno infatti ha una forte penombra come le chiese romaniche, ma ha anche un alzato della navata centrale che è importante, come quello delle chiese gotiche. Che è stata una chiesa monastica si vede poi dalle basi delle colonne: basse e modeste dalla metà al fondo; poderose a dado davanti al presbiterio: queste colonne sostenevano infatti un tramezzo che faceva da facciata di fronte al popolo, a limitare la schola cantorum dei monaci. Nei corso dei secoli l’abbazia non solo è cresciuta, ma si è anche arricchita di molte opere. Un rapido excursus: la Resurrezione di Cristo, simbolo della città, infondo alla navate centrale. E’ il polittico dell’altare principale, XIV secolo, arte senese, di Niccolò di Segna; poi – navata di sinistra, verso il fondo – una nuova Resurrezione di Raffellino del Colle, una gloria locale, cresciuto a Roma nella bottega di Raffaello, siamo nella prima metà del ‘500: due opere prima e dopo Piero della Francesca. Interessante vedere ispirazione e differenze. Sempre a sinistra, sulla parete, senza altare, Perugino: L’Ascensione al cielo di Cristo. Bellissima. Oltre: sull’ultimo altare prima del presbiterio L’Assunzione della Vergine, di Jacopo Palma, gesuita veneto, fine ‘500. 

La Resurrezione di Cristo, XIV sec

Fig. 9 – Niccolò di Segna, La Resurrezione di Cristo, XIV sec.

Fig. 10 – Raffaellino del Colle, Resurrezione, XVI sec.    Fig. 11 – Perugino, Assunzione di Cristo, 1510

Fig. 10 – Bartolomeo della Gatta, Crocifissione, 1486  /  Fig. 11 – Santi di Tito, L’incredulità di S. Tommaso, 1576

Sono molte le opere conservate in chiesa, passiamo alla navata destra. Affreschi quattrocenteschi: la Madonna con Tommaso Beckett e S. Caterina d’Alessandria (1° nicchia subito dopo la porta d’entrata), e la Crocifissione di Cristo di Bartolomeo della Gatta. Al primo altare a destra un originale capolavoro: L’incredulità di S. Tommaso di Santi di Tito, pittore locale molto attivo alla corte dei Medici, seconda metà del ‘500. Opera, questa, molto interessante perché sembra anticipare Caravaggio, dal momento che con ogni evidenza il pittore fa scolpire la profondità della scena e delle figure col chiaroscuro della luce. Al 2° altare L’adorazione dei pastori, dopo la porta laterale, di Durante Alberti, anche lui un buon pittore di Sansepolcro. Prima della porta è stata recentemente collocata una Strage degli innocenti che al suo interno ospita in alto una graziosa Madonna col Bambino. In fondo alla navata, trasformato in altare barocco, è la base del campanile romanico dove è stato addossato il grande alatre della Madonna. Siamo nel 1682. La pala d’altare, una tela, raffigura la Vergine ed è di Raffaello Schiaminossi, allievo di Raffaellino dal Colle.

Se torniamo indietro ed usciamo dalla porta laterale destra ci troviamo infine nel Chiostro dell’antica abbazia, interamente tamponato, con l’aspetto oggi dei lavori di rifacimento del primo ‘500, lavori che hanno trasformato il monastero in Palazzo Vescovile. Eppure questo ambiente custodisce ancora, nonostante l’immagine cinquecentesca, le probabili memorie delle origini. Affacciandosi alla porta di vetro lungo la parete tamponata, sulla destra dentro il chiostro si nota un pozzo, addossato al muro: capta la sorgente presso la quale si fermarono verso l’anno 1000 i due pellegrini fondatori della città. Sull’ala destra dell’antico chiostro, andando avanti, si apre, subito a sinistra, la porta della Cappella di S. Leonardo, l’antico Monacato: è il luogo dove i pellegrini, di ritorno dalla Terra Santa e da Roma, edificarono il loro oratorio, deposero le reliquie del Santo Sepolcro ed Arcano si fece eremita. Siamo alle origini della città. L’aspetto attuale è, ancora una volta, cinquecentesco; l’altare è di pietra lavorata con finezza e grazia e la pala – un affresco forse di Cherubino Alberti – presenta una Crocifissione con santi; fra di essi, il terzo da sinistra è il pellegrino fondatore. Siamo nella seconda metà del cinquecento.

Una nota toponomastica infine. Tutto quanto abbiamo visitato si affaccia su Via Matteotti, ma il nome non è stato sempre questo. Le denominazioni sono cambiate nel tempo col mutare delle situazioni storiche. In origine, con la nascita della diocesi di Sansepolcro, essendo la Cattedrale la chiesa del Vescovo, il nome della strada era Largo del Duomo; negli anni ’30, col fascismo e il consolidarsi del mito di Roma, è diventata Via di Roma. Dopo la tragedia della guerra, poi, e il terribile passaggio del fronte – Sansepolcro era a ridosso della Linea Gotica, con i tedeschi in città, i partigiani nella montagna e gli anglo-americani oltre il Tevere – è iniziata la ricostruzione e le elezioni del ’48 hanno dato la maggioranza alla lista Garibaldi, l’unità della sinistra socialcomunista. Così la via è stata bellezza di nuovo: Via Matteotti, socialista, deputato al Parlamento italiano, martire della violenza fascista.

 

STUDIO DI ENZO PAPI

Università dell'Età Libera - Sansepolcro
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